FURLAN, NESTRE LENGHE VIVE


Comitât apartitic e aconfessionâl pe identitât dal Friûl
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Comitato apartitico e aconfessionale per l'identità del Friuli
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GRANDIS PERSONALITÂTS - GREAT PEOPLE








PITTERI ZUAN BATISTE

Ni todescs; ni talians: furlans!

Citiamo la lettera che Gianni Nazzi, nella sua qualità di rappresentante della Clape culturâl Aquilee di Udine, ha visto pubblicata a pag. 15 del Messaggero Veneto del 01 Settembre 2011.


FRIULI Quell’esempio asburgico

Esiste un documento in friulano del 1849 molto interessante non tanto per il contenuto (si tratta infatti di un banale ricorso di carattere amministrativo indirizzato «All’Eccels Ministeri della Justizia in Vienna»), quanto per la forma, che dimostra inequivocabilmente il grado di civiltà di uno Stato che nei libri di scuola italiani, e non soltanto, era, e in qualche caso lo è ancor oggi, indicato nella migliore delle ipotsi come barbaro.

Un solo esempio può bastare. Nell’articolo «Una nobile e coraggiosa pagina di attività parlamentare» di Vincenzo Marussi, apparso nella “Panarie” del gennaio-febbraio 1931, in riferimento all’Austria si parla di «dominio oppressore», di «Stato sopraffattore e vessatore», che usava «mezzi scaltri e corruttori», «inaudite misure vessatorie in odio contro l’italianità».

Tra tante insolenze non si perita tuttavia di scrivere che in quel Paese nel maggio 1907 fu esperimentato per la prima volta il suffragio universale. Nella civilissima Italia il suffragio universale fu introdotto solo nel secondo dopoguerra. Meglio non parlare poi di istruzione, in particolare di scuola.

A inviare il ricorso era Zuan Batiste Pitteri «Dottor di Lez, Avvocatt e Deputat del Friul all’Assemblea Costituent», la cui famiglia era approdata a Farra d’Isonzo nella prima metà del XVII secolo.

Il Pitteri, eletto nel Distretto di Gradisca, fu deputato al Parlamento di Vienna nel biennio 1848-1849.

Questo l’incipit del [suo] ricorso: «Al par dellis altris Nazions vuoi di al par delle Nazion Todeschis, Italiana, Magiara, Tscheka, polaca, Serviana, Sclavona, Rutena, Vallaca e Illirica, possied la so Lenga Nazional anchia la Nazion Furlana a la qual jò ai la gloria di apartignì e anchia di sei il so rapresentant nell’Assemblea Costituent, che j è che Assemblea che fò bensì aviarta con solenitat ai 22 di Lui 1848 …». E questa la chiusa: «Za che dunchia la Costituzion permet che ogni Nazion favelli e scrivi nella so lenga nazional, aprofiti  anchia jò sottoscrit di chist dirit e scrivi chest ricors nella lenga furlana che j la lenga della Nazion di cui anchia jò fazi part e formi una pizzula frazion».

Impressionante! Un deputato friulano che nel Parlamento di Roma avesse l’ardire di esprimersi in termini analoghi, anche se aggiornati alla situazione, sarebbe preso per traditore della patria e accusato come minimo di lesa maestà patria, e naturalmente sommerso di improperi.

Sì, perché nel bel Paese i termini «paese, patria, stato, repubblica, nazione» sono e fanno tutt’uno; sicché è arduo, se non impossibile per certuni, capire come uno sloveno o un tedesco, per fare due casi a noi vicini, possa essere anche e allo stesso tempo “italiano”. Probabilmente neppure con la precisazione di “cittadino italiano di nazionalità slovena” e di “cittadino italiano di nazionalità tedesca”.

È per tale ragione che la Svizzera, lo Stato che ha nel proprio seno 4 (quattro) nazioni, diventa per la quasi totalità degli italiani un rompicapo senza soluzione. A meno che la scuola, un giorno o l’altro, non si decida a insegnare.

Per tornare infine al documento da cui abbiamo preso le mosse, riportato nei punti essenziali, crediamo che un nostro commento farebbe solo un torto all’autore, sostenitore del buon diritto dei friulani a considerarsi tali, e forse un danno alla sostanza pregnante delle parole dello stesso.






























































































































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