TIZIANO
TESSITORI, SPUNTI PER UNA BIOGRAFIA (E UNA RIFLESSIONE)
Nasce a
Sedegliano il 13 gennaio 1895, terzo di sei fratelli, figlio di Giacomo
Tessitori, un modesto proprietario terriero impegnato nella vita sociale del
paese, e di Domenica Pressacco.
Nel 1909
entra in Seminario Arcivescovile a Udine, dove incontra i sacerdoti modernisti
Giuseppe Ellero e Pio Paschini, grandi appassionati di Friuli.
Il 24
ottobre 1917, arruolato nell’esercito, è testimone della rotta di Caporetto,
che racconta in alcune lettere dal fronte, pubblicate sull’Avvenire d’Italia.
Il 15 agosto
1919 aderisce al Partito popolare su invito dell’avvocato Agostino Candolini. I
due diventeranno leader delle leghe bianche contadine, e il 13 luglio del 1920
otterranno la riforma dei patti agrari. Da sempre il cattolicesimo sociale è
stato la sua bandiera. Non può esistere vera e piena democrazia senza
uguaglianza sostanziale: in questo notiamo delle analogie con l’azione
politico-sociale di Luigi Faidutti, anch’esso molto impegnato a favore dei
contadini, nell’ambito del Friuli orientale.
Il 19 marzo
del 1921 sposa Lucia Gori, figlia del pittore preraffaellita Tita Gori. Avranno
quattro figli: Agostino, Giustina, Anna e Luisa. Bel matrimonio: i due
moriranno in odore di santità.
Nel maggio
del 1921 è eletto nelle file del Partito popolare: è il più giovane deputato
d’Italia (decadrà nel maggio del ’22 perché la sanatoria per gli eletti con
meno di trent’anni non passa).
Il 6 ottobre
del 1921 lancia dalle colonne de L’Avvenire d’Italia l’appello alla
collaborazione tra popolari e socialisti per fermare l’avanzata del fascismo.
Durante gli
anni della dittatura si ritira dalla vita politica. Nel 1923 si laurea in
Giurisprudenza e poi esercita l’attività forense. Il suo profilo di brillante
avvocato penalista, attento ai fondamentali diritti umani e coraggioso nei
rapporti col potere anche se dittatoriale, è stato magistralmente descritto nel
libro dell’avv. Nino Orlandi (agli appassionati di cose friulane piacerà anche
l’interessantissima prefazione) dal titolo Come eravamo ed edito da Marsilio. A
quei tempi, solamente l’Avvocatura e la toga garantivano un minimo di
indipendenza dal regime. Collabora con la rivista letteraria Il frontespizio di
Giovanni Papini.
Il 12 luglio
del 1945 sul quotidiano del CLN Libertà enuncia in tre articoli il suo
“manifesto per l’autonomia friulana”: è l’avvio di una lunga battaglia che
porterà alla nascita del Friuli-Venezia Giulia affrancato dal Veneto e che gli
varrà l’appellativo di “padre” della Regione Autonoma.
Il 29 luglio
del 1945 fonda l’Associazione per l’autonomia friulana. In ottobre accetta
l’invito a iscriversi alla DC per la quale è eletto deputato alla Costituente.
Il presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi gli affida l’incarico di illustrare
per primo, alla Camera, la posizione regionalista della DC nella stesura della
Costituzione. Le autonomie regionali, e soprattutto quelle speciali, vengono
pensate quale correttivo all’esasperato centralismo storicamente affermatosi
nell’ambito dello Stato italiano e portato al suo culmine dalla dittatura
fascista. In questo contesto, nasce anche l’art. 6 della Carta Costituzionale,
sulla tutela delle minoranze linguistiche (poi del tutto inattuato per più di
cinquant’anni, salvo parziali eccezioni molto limitate, ad esempio dal punto di
vista territoriale).
L’11 gennaio
1947 nasce il Comitato per l’autonomia regionale. Il 19, all’assemblea del
Movimento popolare friulano per l’autonomia regionale, appena fondato da
Gianfranco D’Aronco, Chino Ermacora e Pier Paolo Pisolini, che si tiene al
cinema Puccini di Udine, Tessitori tiene il suo comizio più noto sulla Regione
friulana.
Il 27 giugno
del 1947, con l’emendamento Tessitori, la Costituente approva, solo in via
programmatica, lo Statuto Speciale per la Regione Autonoma Friuli-Venezia
Giulia. Tutte le forze politiche friulane sono contrarie: temono che la
specialità esponga al pericolo di rivendicazioni slave. Con Tessitori si
schiera soltanto il Movimento di D’Aronco. Tessitori riesce a far scorporare il
Friuli dal grande Veneto Serenissimo (meno il Comune di Sappada e il Mandamento
di Portogruaro, che rimangono tuttora alle Province Venete, alle quali vennero
aggregati d’autorità, sotto il governo austriaco, solamente verso la metà del
1800: la Costituente ritenne di non aver tempo per affrontare le questioni
locali legate alla necessaria revisione dei confini regionali, che prima della
Costituzione della Repubblica erano delle mere regioni statistiche, e costruì
le Regioni sulla base dei confini provinciali allora esistenti) presentando
agli altri Costituenti la nuova Regione Autonoma quale gesto di amicizia e di
pace nei confronti dei popoli contermini, che andasse a porre, in una delicata
zona di incontro (e, prima della Costituzione, spesso, per lo Stato italiano,
anche di aggressivo scontro: comunque la si pensi, è incontrovertibile il fatto
che entrambe le Guerre Mondiali, sul nostro territorio, sono iniziate a seguito
di aggressioni da parte italiana), una speciale Regione “cuscinetto”, attenta
anche al pluralismo linguistico, con coraggiosa scelta di rottura rispetto alla
dittatura.
22 luglio
1947: attentato a Tessitori. Un ordigno è installato all’ingresso di casa, per
fortuna senza conseguenze. Dopo l’attentato ad Aldo Moro, tale attentato, che
voleva colpire addirittura un membro della Costituente, democraticamente
eletto, rientra senz’altro tra i più oscuri episodi della storia italiana …
eppure … nessuno ne parla … Le numerose contrarietà che nel frattempo incontra
da più parti il progetto del Tessitori spingono la Costituente ad approvare la
X Disposizione Transitoria della Costituzione, la quale, pur salvando
espressamente (in teoria) la tutela delle minoranze linguistiche regionali, di
fatto si tradurrà in un rinvio (poi durato ben quindici anni) e forse addirittura
in uno snaturamento dello Statuto Speciale.
Dal ‘50 al
’53 Tessitori è sottosegretario al Tesoro nei governi De Gasperi. E’ anche
nominato alto commissario alla Sanità. Nel 1960 è ministro della riforma
burocratica (il primo ministro del Friuli repubblicano). Una curiosità: è
Tessitori a legalizzare l’uso della penna a sfera nella firma di contratti e
atti pubblici.
Arriva
finalmente in Parlamento la discussione sulle specifiche previsioni dello
Statuto Speciale della sua Regione. Il padre della Regione viene messo in un
angolo; tutte le sue equilibrate proposte di compromesso vengono rigettate,
mentre la nuova Regione Autonoma viene calata dall’alto, impacchettata a
tavolino da parte dei partiti romani e triestini, con tutto il potere
concentrato nell’unico capoluogo accentratore (anche se notevolmente
eccentrico) costituito dall’italianissima città di Trieste, alla cui influenza
viene consegnato, senza adeguati bilanciamenti e anzi suddiviso il più
possibile (ad esempio quanto a circoscrizioni elettorali, eccezionalmente impostate
sul territorio dei Circondari di Tribunale Ordinario, per portare avanti un po’
di sano divide et impera a danno dei soliti sudditi friulani), un territorio
friulano destinato a perdere ben presto qualsiasi reale peso politico e a
diventare una specie di “contado” (come lo definirà successivamente un Sindaco
di Trieste), che rispetto al suo nuovo capoluogo costituirà entroterra alieno e
sempre più anonimo, trattato come merce di scambio, in sostituzione del
naturale entroterra mitteleuropeo e orientale perso dalla città di Trieste dopo
la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, grazie al nazionalismo italiano prima e all’imperialismo
fascista poi; a Tiziano Tessitori non resta altro da fare se non sfogarsi e tuonare
in Senato (memorabile una sua battuta: quando Trieste era solamente un piccolo
porto di pescatori, Udine era la Capitale di uno Stato più grande del Ducato di
Milano), e forse la sua figura è particolarmente scomoda anche per questa sua
tagliente fierezza, che mai si piegò alle logiche della partitocrazia italiana
(pur aderendovi, ma senza vincoli, diversi da quelli dettati dalla sua
coscienza e coerenza: credete sia un caso che il collega di partito e
Presidente della Regione Autonoma Berzanti lo abbia definito “più autonomista
che democristiano”?).
25 giugno 1962: in Senato, Tiziano Tessitori, sul citato progetto
di Legge Costituzionale per lo Statuto Speciale, presenta quattro emendamenti,
che la dicono lunga sulla sua visione del Friuli, nelle sue varie realtà anche
territoriali, nonché sulla sua concezione dei rapporti tra il Friuli e Trieste:
istituzione della Provincia di Pordenone (proposta che vedrà piena luce
solamente più tardi, nel 1968, qualche anno dopo l’istituzione della Regione, e
forse con reali finalità non pienamente rispondenti ai reali interessi di tutto
il Friuli); Udine capoluogo regionale per ragioni geopolitiche (anche in
considerazione del suo carattere molto più baricentrico, nonché della sua
importanza storica, quale sede dello storico Parlamento della Patria del
Friuli, sopravvissuto, tra alterne vicende, fino all’arrivo di Napoleone);
Trieste città speciale nella specialità della Regione, con ampia potestà di autogoverno
(sì garantita nella sua individualità e specificità, ma anche posta in una
posizione geopolitica tale da non poter arrecare nocumento all’identità e
all’autonomia del Friuli). La DC sconfessa Tessitori, anche se, a ben guardare,
nemmeno dieci anni dopo, e per certi versi in parallelo rispetto alla sostanza
degli emendamenti del Tessitori sul Friuli, nel 1971 approverà, per placare il
terrorismo altoatesino (o meglio sudtirolese), la riforma dello Statuto
Speciale del Trentino-Alto Adige, con l’istituzione di due Province Autonome (con
potestà legislativa e autonomia finanziaria rafforzata) e il contestuale
svuotamento quasi completo dell’istituzione regionale, accompagnato dalla
revisione dei confini locali su base storica. In questa Regione, anch’essa composita,
e ugualmente bloccata graniticamente su sé stessa dall’alto, ancora risulta,
invece, un vero e proprio tabù … affermare che Trento sta a Bolzano … come
Trieste sta al Friuli, mentre si sta addirittura diffondendo la curiosa moda di
… sacrificare a una cosiddetta “unità regionale” (in realtà assolutamente
artificiale e triestineggiante, oltre che portata avanti, solitamente, da chi contestualmente
si adopera in ogni modo per opporsi, invece, all’unità friulana) persino il
sacrosanto trattino che lo Statuto Speciale ancora prevede, tra le due diverse
realtà che compongono la Regione, una (il Friuli) di immemorabile natura geografica
e storica, ma recentemente presentata come caratterizzata da confini sempre più
ristretti, mentre l’altra (la Venezia Giulia) coniata (se non inventata) solo a
metà del 1800, e da allora sempre strumentalizzata (forse al di là delle stesse
intenzioni del suo autore), a fisarmonica, dalle più varie tendenze
espansionistiche e assimilazionistiche del nazionalismo italiano spinto a
oriente, in queste nostre terre plurilingui.
Il 24 luglio lo Statuto Speciale è approvato. Nasce dai
progetti di Lorenzo Biasutti, Armani, Schiratti, Toros, Pelizzo, e di
Tessitori. Diventa la Legge Costituzionale 1/63, ancora sostanzialmente poco
friulana e molto (forse troppo) centralistica e filo-triestina, di fatto
giacobina e fascistoide, almeno in parte. Nel giro di quindici anni,
dall’approvazione della Costituzione a quella dello Statuto Speciale, il sogno
plurilingue di un genio è purtroppo naufragato, di fatto, nel nazionalismo di
chi ancora grida a Trento e Trieste! L’art. 3 dello Statuto Speciale, sulla
tutela del plurilinguismo regionale, è ancora lettera morta in gran parte della
Regione, mentre il capoluogo, pur coltivando nostalgie asburgiche, continua a
sostenere imbarazzanti personalità politiche dell’estrema destra nazionalista e
nostalgica, visceralmente anti-friulane (oltre che anti-slovene; ci chiediamo
se sappiano qualcosa sulle minoranze germanofone della Regione), contrarie agli
interessi stessi della città di Trieste, ovverosia alla sua naturale espansione
commerciale verso oriente, che soprattutto nell’Ottocento ha fatto la sua
fortuna di grande emporio commerciale asburgico, attualmente decaduta, forse
irrimediabilmente, nella stasi quasi completa provocata da un assistenzialismo
pubblico sempre più marcato, che ha contribuito a cambiare del tutto il volto
della città, che attualmente si mantiene quasi solamente con pensioni, impiego
pubblico o para-pubblico, investimenti pubblici di dubbia redditività, oltre ad
assorbire sistematicamente ogni occasione di sviluppo economico che altrimenti
sarebbe toccato alla bassa pianura friulana, soprattutto orientale (se non
addirittura, come recentemente ventilato pubblicamente, lo stesso territorio di
quest’ultima). L’attuale inarrestabile decadenza di Trieste è dovuta solamente
all’ideologia retrograda e totalitaria delle sue cosiddette classi dirigenti,
che impedisce alla città di coltivare equilibrati rapporti con la Slovenia e
gli altri Paesi contermini, e persino al giorno d’oggi, quando la Cortina di
Ferro è oramai caduta da decenni e la Mitteleuropa, oltre ad esser entrata a
pieno titolo nell’Unione Europea al pari dell’Italia, sta ampiamente superando,
quanto ad indici di sviluppo umano, questa retorica Italietta. Il nazionalismo
potrebbe rimanere un problema triestino, se Trieste non stesse oramai tentando
apertamente l’espansione sul territorio friulano, a causa di un confine già
caduto da tempo, ma che ugualmente, secondo certe mentalità fascistoidi, sta ancora
lì a sbarrarle il passo verso oriente.
Per quasi l’intero decennio, dal 1954 al 1963, è Presidente
della Società Filologica Friulana, dell’Ente Friuli nel mondo (1953-1962) e anche
della Deputazione di storia patria (dal 1969 alla morte), per la quale pubblica
una serie di saggi (il più noto è: Albori del socialismo in Friuli).
Scrive: Cristo. Processo, condanna, resurrezione.
Nel ’64 dà alle stampe la Storia del movimento cattolico in
Friuli dal 1858 al 1917. Scrive di lui il medievalista Carlo Guido Mor:
“Tessitori è uno storico che cerca dietro il documento un’idea (…) Cercare le
idee altrui, ecco un problema contemporaneo”.
1966.
Pubblica Friuli 1866. Uomini e problemi, e una raccolta dei suoi Discorsi
parlamentari.
Nel maggio
del ’68 è rieletto senatore. Pochi mesi dopo è di nuovo ministro della Riforma
burocratica. Dopo esser stato tra i Padri Costituenti eletti il 2 Giugno 1946,
sarà sempre e meritatamente eletto Senatore democristiano per Udine, dal 1948
al 1973, fino alla morte.
Nel ’69
pubblica San Paolo, un saggio-romanzo sulle origini della predicazione
cristiana.
Nel ’72 dà
alle stampe una Storia del Partito popolare in Friuli 1919-1925.
Scrive anche
in lingua friulana.
Si spegne a
Udine a 78 anni, il 19 aprile 1973.
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